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Dalla firma digitale alla blockchain: anche tra pmi è tempo di svolta

da | 16 Giu 2021 | Finanza Agevolata, Non categorizzato

Quasi il 50% delle pmi italiane ritiene che la crisi abbia dato impulso all’attivazione di progetti sulla digitalizzazione dei processi B2B. Un trend destinato a proseguire nel 2022

Il 23,8% ha avvertito la necessità di investire in soluzioni digitali durante la pandemia, con un focus sulla firma digitale (6,8%), la digitalizzazione dei processi interni (6,2%) e la conservazione dei documenti (5,5%)

Il 38,5% intende invece attivare progetti di digitalizzazione entro il 2022. Nel mirino, gli strumenti per l’automazione dei processi (16%) e quelli basati sulle nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale e la blockchain (13,8%)

Prima gli obblighi normativi che, negli ultimi anni, le hanno forzate a rivedere i propri processi interni e le relazioni con i partner. Poi la crisi. Il gap tra imprese digitali e non digitali continua ad ampliarsi. Le prime resilienti e reattive ai cambiamenti, le seconde che faticano a garantire una certa continuità operativa delle proprie attività. Ma secondo il nuovo Osservatorio digital B2B della School of management del Politecnico di Milano, è giunta l’ora della svolta. Che avrà sempre più le sembianze dell’automazione, dell’intelligenza artificiale e della blockchain.

Certo, precisano i ricercatori, una “piena trasformazione digitale” richiede tempo, perché “le iniziative sviluppate in modo reattivo per rispondere a un’esigenza puntuale non hanno impatti sulle performance economiche di breve periodo”. Ma le imprese italiane che già prima dell’emergenza erano attive sul fronte dei processi di digitalizzazione delle relazioni B2B su più ambiti hanno riportato nel 2020 un fatturato in crescita o stabile rispetto all’anno precedente. Un impulso che è poi proseguito, proprio sull’onda della crisi. Secondo il 48,6% delle intervistate la pandemia ha infatti dato un forte impulso all’attivazione di progetti sulla digitalizzazione dei processi B2B. Il 23,8% ha avvertito la necessità di investire in soluzioni digitali, focalizzandosi sulla firma digitale (6,8%), la digitalizzazione dei processi interni (6,2%) e la conservazione dei documenti (5,5%).

Intanto, il 18,4% ha già attivato progetti in tal senso, puntando anche in questo caso sulla firma digitale (7,3%), sugli strumenti per lo scambio di documenti elettronici (6%), sulla digitalizzazione dei processi interni (5,4%) e sui tool per la conservazione digitale (3,5%). E l’innovazione farà da padrona nei prossimi mesi. Entro il 2022 il 16% intende investire in strumenti per l’automazione dei processi, il 13,8% su nuove tecnologie come la blockchain e l’intelligenza artificiale e il 13,1% su strumenti per il monitoraggio della supply chain. Un processo che, spiegano gli studiosi, potrà far leva sui fondi stanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza: 191,5 miliardi di euro da spendere entro il 2026, il 21% dei quali dedicati proprio alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, delle imprese e del comparto del turismo e della cultura.

Anche la customer experience deve evolversi

Parallelamente, si legge nello studio, l’emergenza “ha reso evidente la necessità di avvicinarsi ai propri clienti”. Un trend che, sempre più, sta penetrando anche i contesti B2B. Ma per gli esperti è necessario abbandonare l’approccio “multicanale” a favore di una logica “omnicanale”, lavorando su strategia, organizzazione interna, gestione dei dati e sviluppo tecnologico. La maggior parte delle imprese tende infatti a implementare piuttosto un approccio “tattico”, sviluppando alcune progettualità e utilizzando soluzioni tecnologiche di gestione dei dati e di marketing automation solo su singole business unit o team interni all’azienda stessa. Una linea che riserva loro solo alcuni benefici di breve termine, escludendole da impatti più profondi.

La spinta “digital” degli obblighi normativi

Chiude il cerchio un focus sugli obblighi normativi che, come anticipato, hanno accompagnato l’ingresso del digitale all’interno delle imprese spingendole a una revisione dei processi interni e delle relazioni con i partner del proprio business. Tra questi, l’obbligo di fatturazione elettronica, con due miliardi di fatture scambiate nel 2020 con una flessione di appena il 4% sull’anno precedente. Una normativa che ha indotto le aziende a porre l’attenzione sulle tecnologie per l’automazione e a ritenerle una priorità d’investimento entro il 2022 nel 16% dei casi. Per non dimenticare l’intelligenza artificiale, con 120 progetti censiti in tal senso di cui il 58% già operativo, come la pianificazione, il rifornimento e il monitoraggio della supply chain (58%) ma anche i progetti a supporto dell’ordine (7%). In corso d’opera, ma meno “mature” secondo gli esperti, le applicazioni di blockchain applicate alla supply chain: in questo caso, si parla di 206 progetti censiti, di cui solo il 12% già operativo.

“Le imprese che avevano vissuto gli adempimenti normativi come opportunità per digitalizzare i propri processi hanno saputo fronteggiare meglio la situazione di emergenza che, anche in ambito B2B, ha avuto impatti importanti”, osserva Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’Osservatorio digital B2B. “Ha innanzitutto accelerato il processo di avvicinamento delle aziende ai propri clienti riducendo la distanza tra livelli successivi della supply chain, ha promosso un miglior utilizzo dei dati e una maggiore automazione dei processi e ha amplificato la necessità di sviluppare processi maggiormente collaborativi”, spiega. Poi conclude: “Questa evoluzione non si è tradotta in una crescita dell’eCommerce B2B nel 2020 (che ha comunque raggiunto un valore di 406 miliardi di euro, ndr), ma è cambiata la percezione di persone e imprese verso l’innovazione e molto probabilmente nei prossimi anni assisteremo a una forte crescita della pervasività degli strumenti digitali nei processi aziendali”.

Rita Annunziata

 

Fonte: We Wealth

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